“Quella dei tunnel è una tattica impiegata soprattutto da organizzazioni di guerriglia e ibride, ma non necessariamente. Basti vedere come si è sviluppata la battaglia di Mariupol o di Avdiïvka in Ucraina: anche in questo caso sono estesi i sistemi di tunnel, postazioni e bunker sotterranei. E’ chiaro che per organizzazioni come Hamas, che hanno un potenziale infinitamente minore rispetto alle Forze armate israeliane, questa tattica diventa centrale”, spiega all’Adnkronos Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana Difesa (Rid).
“A ciò si aggiunge che Gaza è un’enclave completamente chiusa rispetto all’esterno, quindi per Hamas è una questione di vita – continua – E quando Israele ha distrutto i bunker, Hamas è sempre riuscito a ricostruirli in profondità e in maniera più efficiente di prima”.
Anche nella guerra in Vietnam i Viet Cong usavano i tunnel: “Quella sotterranea è una delle dimensioni dell’arte militare: strategicamente, in un contesto come quello di Gaza, è ancora più pronunciata”. Uno degli obiettivi annunciati da Israele, ricorda Batacchi, è proprio lo “smantellamento dell’infrastruttura sotterranea di Hamas, non solo tunnel ma vere e proprie installazioni che custodiscono capacità vitali per il movimento, il comando e controllo, ma anche il deposito di munizioni”.
“Israele non ha alternative se non entrare a Gaza in profondità e in maniera duratura – conclude il direttore della Rivista italiana Difesa – E non è da escludere che sia Israele ad aprire un secondo fronte, anche al Nord, perché il deterrente israeliano, che è la stessa garanzia dell’esistenza dello Stato ebraico, è stato ridicolizzato il 7 ottobre (con l’attacco di Hamas ndr). Israele ha la necessità, dal punto di vista politico e strategico, di ricostituire questo deterrente”.