La tradizione della “pupa” nojana

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Un modo per “far andare la Madonna più contenta”

Seconda domenica di ottobre, Noicàttaro si veste di festa per omaggiare la Madonna del Rito (di Loreto ndr), che, per l’occasione, si sposta in paese dal Santuario Campestre. E Madonna del Rito, si sa, è sinonimo di “pupa”, una delle tradizioni paesane più belle e particolari, dove il sacro ed il profano si uniscono in un connubio che non può e non deve mai essere scisso.
La Vergine che, settimane prima, aveva lasciato la sua “casa” di via Torre a Mare per essere portata in processione per le vie del paese ed essere onorata, in Chiesa Madre, con una novena, viene così salutata, dal lontano 1920, “per andarsene più contenta”, come tengono a sottolineare i cittadini più anziani.
Mesi prima, un gruppo di devoti e devote, residenti fra Arco delle Monache e via Guarnieri, si assume l’incarico di preparare “la pupa”, un fantoccio imbottito di polvere da sparo con sagoma in ferro (anticamente lo scheletro era costituito da giunchi di canna) che viene poi sospeso a mezz’aria su un cavo dove via Principe Umberto incontra via Carmine.

Si tratta di una vera e propria bambola di carta crespa ad altezza umana, con tanto di parrucca che, quest’anno, ha indossato i colori della bandiera ucraina.
Il rito, forse purificatore data la presenza del fuoco, fu portato in paese da una sarta, tale Giovanna Santacroce, residente, appunto, presso l’Arco delle Monache, che, avendo visto a Valenzano l’esplosione di un fantoccio in onore di San Rocco, pensò di replicare per rendere il “ritorno” della Madonna più festoso.
E così, da circa cento anni, il profano brucia davanti al sacro.

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