La ‘ricetta’ del Biodistretto del riso piemontese
(Adnkronos) – Promuovere e valorizzare la produzione biologica e la biodiversità agraria, producendo riso bio e consumando così meno acqua. E’ l’obiettivo del biodistretto del riso piemontese, associazione che nasce nel cuore della Baraggia, a cavallo tra le province di Vercelli e Biella.
“Il nostro progetto -racconta ad Adnkronos/Labitalia Giuseppe Goio, produttore del Biodistretto- nasce dalla volontà di un coeso gruppo di agricoltori bio, con l’obiettivo di valorizzare e diffondere l’agricoltura biologica, intesa non solo come semplice pratica agronomica, ma anche come progetto culturale di un modello sostenibile per la gestione delle risorse. Come l’acqua, e come scelta utile alla sicurezza ed alla sovranità alimentare”.
Nei campi dei produttori del biodistretto non c’è solo riso bio. L’obiettivo è infatti quello di arricchire ecologicamente il proprio territorio, piantando alberi e siepi ai bordi delle risaie, seminando su sodo, inerbendo in inverno i campi, accogliendo i pastori e le loro greggi, e ricostituendo così paesaggio e biodiversità. Ma non è tutto: oltre al riso biologico questi campi brulicano di vita: rane, farfalle, libellule, uccelli, piccoli mammiferi, bisce d’acqua. Sono state anche rinvenute piante che si pensavano estinte.
“Tra le finalità dell’associazione, la promozione, la tutela e la diffusione del patrimonio di conoscenze e tecniche colturali originali e naturali applicate alla risicoltura nate proprio in Baraggia. L’obiettivo dunque è quello di diffondere le tecniche dell’agricoltura biologica, tecniche che includono la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e promuovere la biodiversità”, spiega ancora Goio.
E i numeri dell’avventura crescono. “Siamo ora 7 aziende agricole. Coltiviamo biologicamente 600 ettari e produciamo circa 12.000 quintali di riso bio”, sottolinea. E quella di quest’anno si prospetta una buona annata. “E’ una buona annata per fortuna. Fortunatamente abbiamo avuto l’acqua -sottolinea Goio- perché siamo quelli più a monte, più vicini alle montagne per intenderci. Inoltre abbiamo l’acqua di 2 invasi fatti a metà anni Ottanta per rendere irrigua la Barraggia. Sono stati fatti dal Consorzio di bonifica della Baraggia vercellese/biellese. Per quanto riguarda la produzione di riso appare soddisfacente anche se solo quando raccoglieremo in riso sapremmo la resa ad ettaro”, spiega.
E il riso biologico, con la crescente siccità e gli effetti dei cambiamenti climatici, può rappresentare il futuro della risicoltura, perchè permette di ridurre il consumo di acqua per la coltivazione. “Mi preme fare una precisazione importante per far capire il tema della siccità, perché è un tema e un problema che coinvolge soprattutto la risicoltura convenzionale o industriale, termini che si equivalgono, più che le nostre produzioni biologiche. Intanto nei campi di riso biologico produciamo a rotazione, un anno si e un anno no, alternando il riso con una leguminosa come i fagioli o la soia, piante che hanno il compito di riportare fertilità al terreno”, spiega.
Ma dalla produzione industriale del riso arrivano implicazioni ancora più pesanti rispetto alla coltivazione biologica. “Inoltre, industrialmente -sottolinea Goio- è utilizzato un metodo produttivo più comodo ma meno rispettoso sia dell’ambiente che della produzione e qualità del prodotto. Da 15 anni le multinazionali dei semi forniscono le produzioni convenzionali di semi che possono essere seminati ‘all’asciutto’. Operazione che semplifica la semina, poiché il lavoro nei campi pieni di acqua è decisamente più lungo e faticoso”.
“Accadde dunque che nel mese di maggio gli agricoltori non utilizzano l’acqua, interrompendo in modo impattante un processo fisiologico, che da sempre ha caratterizzato questa coltura e produzione. A maggio l’acqua è abbondante per lo scioglimento delle nevi e l’acqua non utilizzata se ne va verso il mare, alterando completamente tutti gli equilibri sopra e sotto la superficie dei campi ma anche le riserve e la gestione dell’acqua”, aggiunge ancora.
Per Goio “tradizionalmente e ‘ambientalmente’, questo sistema è inconcepibile: la risicoltura in Piemonte è nata con l’acqua. L’acqua deve essere sempre presente nel ciclo del riso perché alimenta le falde freatiche che poi cedono l’acqua lentamente quando questa comincia a scarseggiare. La falda freatica la possiamo visualizzare come una spugna che tiene umida la terra. Modificare e intervenire su questo equilibrio è dannoso per tutto il ciclo e per la terra”.
Ma perché gli agricoltori convenzionali hanno accettato di cambiare metodi di coltivazione? “Perché la gestione delle acque in risaia comporta lavoro, conoscenza ed arte. Come spesso accade, però, semplificare i processi determina conseguenze imprevedibili”, aggiunge Goio.
E anche il boom dei costi energetici sta impattando di meno sulle attvità del biodistretto rispetto alle attività industriali. “Nella produzione di riso i costi riguardano principalmente la fase di essiccazione. Noi, rispetto alle aziende convenzionali, soffriamo meno dell’aumento dei costi energetici proprio perché, producendo a rotazione, dobbiamo essiccare la metà del riso”, conclude.
E domani è in programma un pomeriggio tra arte e cibo, tra cultura e coltura, in armonioso equilibrio, alla scoperta della biodiversità che caratterizza le risaie biologiche del vercellese. A partire dalle 17, è in programma a Rovasenda, in provincia di Vercelli, ‘Bhuman. Esseri della Terra. In equilibrio’ con Andrea Loreni, evento organizzato e promosso da Good Land e dal Biodistretto del riso piemontese, in collaborazione con Cittadellarte – Fondazione-Pistoletto. Per l’occasione il funambolo Andrea Loreni, artista di fama internazionale e l’unico in Italia specializzato in traversate su cavo a grandi altezze, camminerà nel cielo sopra i campi di riso (biologico e luogo di vera attivazione di biodiversità) a Rovasenda: un’occasione per scoprire e valorizzare la biodiversità laddove l’agricoltura è arte e equilibrio.
All’appuntamento contribuirà anche Good Land. “Good Land -spiega ad Adnkronos/Labitalia Lucio Cavazzoni presidente di Good Land- è una giovane impresa italiana, con sede a Bologna, che si occupa di rigenerazione rurale attraverso la realizzazione di prodotti biologici. Prodotti che sono veri e propri progetti: farine da grani antichi coltivati in montagna, pomodori che promuovono i diritti dei braccianti agricoli, risi che riportano biodiversità, olii extra vergine di oliva e composte di agrumi di produttori che salvaguardano varietà autoctone e economie ‘di confine’”, aggiunge ancora.
“I Biodistretti sono una forma nuova e molto inclusiva -continua- di aggregazione e di azione. Sono un elemento di maturità di quel mondo agricolo che non si lamenta, che non chiede ma si adopera per fare e rigenerare. Riportare vita, agricoltura che sia cura per la terra, per il paesaggio ma anche per le persone”.
“La terra, che è materia viva viene curata ma anche cura ella stessa le persone, quando in equilibrio profuma di piante e vita animale che curano le persone. Good Land appoggia, organizza, contribuisce a questa idea di Biodistretti, portatori di vita. Si coltiva riso ma si produce relazione, bellezza, ispirazione ed equilibrio. Good Land propone il cibo che cambia il mondo, partendo dalle menti e dalle persone. Questo è il Biodistretto, questo legame spinto fra le persone e la terra, una cura reciproca necessaria. E per finire i risi Good Land sono delle risaie del Biodistretto”, conclude.