Paolo Borsellino, l’Italia ricorda il giudice

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Ucciso 30 anni fa nella strage di via D’Amelio

L’Italia ricorda il giudice Paolo Borsellino. A 30 anni dalla stage di Via D’amelio, il 19 luglio 1992, che uccise il giudice e ei 5 agenti di scorta, sono molte le iniziative organizzate in ogni parte della Sicilia e in altre regioni del Paese.  

Sulle celebrazioni pesa però la sentenza arrivata in questi giorni dal tribunale di Caltanissetta sul cosiddetto depistaggio (prescrizione per due poliziotti e assoluzione per il terzo) che ha creato amarezza tra i familiari delle vittime. “Li chiamano eroi ma sono solo parole vuote, meglio il silenzio”, afferma Salvatore, fratello di Paolo Borsellino, che con l’ultima sentenza ha perso la speranza di conoscere “in questa vita” la verità sulla morte di suo fratello. “Ho 80 anni – dice all’Adnkronos – La speranza di conoscere la verità e di avere giustizia, di avere risposte dalla procura di Caltanissetta su chi davvero ha deciso l’uccisione di mio fratello, ormai è quasi svanita. Resta la rabbia e l’amore che mi fa ancora andare tra i giovani, a spiegare, raccontare. Perché siano loro, nel futuro, a chiedere ancora quella verità e quella giustizia che noi dopo 30 anni non siamo riusciti ad avere”. Oggi, Salvatore non sarà in via D’Amelio. “Non è una forma di protesta – spiega – qualche giorno fa sono risultato positivo al Covid e non potrò esserci. Spero di riuscire a collegarmi in remoto e poter leggere, come ho sempre fatto, la poesia ‘Il giudice Paolo'”.  

Oggi il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi parteciperà alle celebrazioni a Palermo. Il ministro incontrerà alle 10 le ragazze e i ragazzi che partecipano all’iniziativa ‘Coloriamo via d’Amelio’ organizzata, in via D’Amelio, dal Centro Studi Paolo e Rita Borsellino per tenere viva la memoria del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli. Alle 12.30 Bianchi incontrerà gli studenti e i docenti dell’Istituto Comprensivo “Antonio Ugo” di Palermo coinvolti in attività e iniziative che rientrano nell’ambito del Piano Estate 2022. 

LA STRAGE – Il 19 luglio 1992 un ordigno posizionato da Cosa Nostra esplose in via d’Amelio, a Palermo, uccidendo il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, la sarda Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Appena due mesi prima, a Capaci, un attentato analogo aveva ucciso Giovanni Falcone e gli agenti che lo accompagnavano. Una Fiat 126 imbottita con 90 chili di Semtex-H generò il finimondo sotto casa della madre del giudice siciliano. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, che raccontò: “Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha scaraventato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto”.  

Borsellino era consapevole del destino che lo attendeva. Dopo la morte del collega e amico Falcone ripeteva spesso: “Ora tocca a me”. Da allora il suo lavoro era proseguito a ritmi serrati e annotava tutto nella sua agenda rossa, un vero e proprio diario sparito dalla sua valigetta pochi minuti dopo la strage in quello che ancora oggi è solo uno degli innumerevoli misteri di quegli anni e di quella vicenda.  

Borsellino, Mattarella: “Aveva dimostrato che la mafia non era imbattibile”

“Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e altri magistrati, fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l’attività criminale. La mafia li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio per il trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio. 

“Nel trentesimo anniversario del terribile attentato di via D’Amelio, desidero rendere omaggio alla sua memoria e a quella degli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, che con lui persero la vita a causa del loro impegno in difesa della legalità delle istituzioni democratiche”, prosegue il capo dello Stato. 

“Paolo Borsellino aveva ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale, ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società”, dice ancora Mattarella.  

“Preservarne la memoria vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione”, prosegue il capo dello Stato. 

“Il suo ricordo impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente”, dice Mattarella. 

“Con questo spirito e nell’indelebile ricordo di Paolo Borsellino, rinnovo ai suoi figli e ai familiari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine e di vicinanza dell’intero Paese”, conclude.  

Adnkronos

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