Un anno fa la tragedia del Mottarone

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14 morti che ancora attendono giustizia

Dopo l’incidente, il caso del rapimento del piccolo Eitan, unico sopravvissuto al disastro. Le indagini non si sono ancora chiuse, la prima udienza del processo è fissata per il prossimo 14 luglio.

Una cerimonia sobria per ricordare il dramma di un anno fa e commemorare chi non c’è più: ricorre oggi il primo anniversario della tragedia della funivia del Mottarone, l’incidente all’impianto di risalita che da Stresa, sulle rive del Lago Maggiore, conduce alla vetta del Mottarone. Erano circa le 12,30 del 23 maggio 2021 quando la fune che trainava la cabina numero 3 si spezzò a un passo dall’arrivo nella stazione di monte, facendola scivolare indietro per poi farla sbattere contro il primo pilone e infine precipitare lungo il pendio.

Nell’incidente, morirono in 14: una famiglia di origine israeliana di 5 persone (padre, madre, un figlio e due bisnonni) e 9 italiani. L’unico sopravvissuto, Eitan Biran (5 anni), era il figlio maggiore della giovane coppia israeliana, che viveva da anni a Pavia. Salvato dal padre, che col suo corpo lo ha protetto nella caduta, il piccolo Eitan è poi stato al centro di un contenzioso internazionale, dopo essere stato rapito dal nonno materno lo scorso settembre e portato segretamente in Israele, prima che un giudice israeliano stabilisse l’affido presso i nonni che vivono in Italia. A dicembre scorso è tornato definitivamente a Pavia.

A un anno dalla tragedia della funivia, il comune di Stresa ricorderà l’evento con una semplice cerimonia durante la quale sarà scoperta una stele con i nomi delle 14 vittime. Alle 11 una messa verrà celebrata nella vicina chiesa della Madonna della neve, poco sopra al piazzale della funivia. Il comune di Stresa ha invitato i parenti delle vittime ma non tutti saranno presenti, tra cui la famiglia di Eitan e lo stesso unico sopravvissuto.

Sul fronte processuale, l’inchiesta che deve accertare le responsabilità del disastro non si è ancora chiusa: quel che fu subito chiaro, a poche ore dalla tragedia, è che la causa dello schianto debba ricollegarsi alla rottura del cavo trainante, che si spezzò di netto. L’inchiesta, aperta per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, dovrebbe chiudersi nelle prossime settimane: entro il 30 giugno si dovranno consegnare gli esiti delle perizie, per poi procedere alla prima udienza del processo, fissata per il prossimo 14 luglio. L’ipotesi dominante su cui si basa la procura di Verbania è che siano stati volutamente inseriti dei forchettoni per bloccare il freno sulla cabina. Subito dopo l’incidente furono arrestati il gestore dell’impianto Luigi Nerini, il direttore di esercizio Enrico Perocchio e il caposervizio Gabriele Tadini. Vennero però quasi subito scarcerati dal momento che il giudice per le indagini preliminari non accolse la tesi accusatoria della procura. Dopo un cambio del gip, gli indagati sono finiti prima ai domiciliari e poi nuovamente liberati.

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