L’artista di Mykolaiv disegna con i bambini

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“Da quando è scoppiato il conflitto, lo faccio online. Cerco di farli sognare”, dice Rosa Budarina.

Il laboratorio e la scuola d’arte a Mykolaiv, erano il suo vanto. Trascorreva lì, Rina Budarina, la maggior parte del tempo, ad insegnare ai bambini a dipingere. Le foto postate sui social – fino a tre settimana fa – la ritraggono sorridente, circondata dai suoi piccoli allievi, muniti di pennelli e tempere. Poi, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, l’attacco della Russia all’Ucraina. E tutto è cambiato. La sua città, non lontano da Odessa, non è stata risparmiata dai bombardamenti che hanno portato morte e devastazione: la paura ha così il posto dell’allegria e della spensieratezza.

Ma nonostante la drammatica situazione, Rina ha continuato ad insegnare ai ‘suoi’ bambini: “Da quando è scoppiato il conflitto, lo faccio online. Cerco di farli sognare”, dice l’artista ucraina. E aggiunge: “Hanno tra i 7 e gli 11 anni, dipingiamo quasi tutti i giorni, il più possibile, così non pensano alla guerra, non pensano ai parenti che piangono. Utilizzano colori vivaci come l’azzurro e il verde. Il mare con i pesci sono i soggetti che ricorrono di più nei loro lavori”, spiega la voce rotta dall’emozione.

”A Mykolaiv si continua a combattere, giorno e notte”, racconta ancora Rina Budarina , lodando il governatore della città Vitaly Alexandrovich Kim. ”L’intera città si sveglia con quest’uomo al mattino, che ci rassicura. E tutti vanno a letto dopo che ci dice che è tutto calmo. Quest’uomo è il nostro orgoglio”, afferma. Ma ”la paura è tanta”.

Ed è ”la paura della guerra, di morire da un momento all’altro”. Ma è anche ”la paura per la centrale di Yuzhnoukrainsk. E’ molto vicina alla città e se dovesse essere colpita, quali potrebbero essere le conseguenze?”, si chiede.

Rina, che ha un figlio di 16 anni che studia al College of food technology, ha deciso di uscire dal rifugio e di tornare a vivere nella sua casa. ”I rifugi sono pieni. Tantissime persone, tantissimi bambini. Non c’è spazio per tutti e io ho pensato che se devo morire, morirò in un rifugio come a casa mia. Per cui i primi giorni della guerra sono stata in un rifugio, poi ho deciso che preferisco stare qui a casa mia. Riceviamo tanti aiuti. Per ora cibo e acqua non mancano, abbiamo ancora l’elettricità. Vediamo quel che accadrà”.

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