Il rito millenario della mietitura e della pesatura del grano

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Sull’aia di Musacco sono state rievocate le antiche tecniche di raccolta e lavorazione del grano

A cavallo tra luglio e agosto, l’associazione culturale “Mule del Carro di Sant’Oronzo”, presieduta da Vito Palmisano, ha dato vita a quattro preziosi appuntamenti che hanno permesso di rivivere il rito della mietitura e pesatura del grano. Una festa di colori e odori celebrata sull’aia di Musacco, straordinaria masseria fortificata di proprietà della famiglia Colucci.

La rievocazione, sospesa tra il recupero delle tecniche millenarie della lavorazione dei campi e la memoria delle ataviche formule per ringraziarsi il favore divino, ha visto la collaborazione di Stefano de Carolis, ricercatore storico e presidente dell’associazione culturale ETS “La Faldacchea di Turi”. Ed è proprio con de Carolis che abbiamo fatto il punto sull’iniziativa.

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Come è nata questa idea?

«Da qualche anno collaboro con l’associazione “Mule del Carro di Sant’Oronzo” con l’obiettivo di ricostruire e divulgare gli usi e i costumi della tradizione contadina turese. Abbiamo iniziato nel 2019 con un focus sulla storia della vendemmia, culminato con l’evento “Il vino dei nostri nonni”, durante il quale, alla presenza delle scolaresche dell’Istituto Comprensivo di Turi, abbiamo ripercorso le fasi della vinificazione così come veniva eseguita in passato.

Quest’anno si è deciso di continuare questo percorso, mettendo in scena un altro momento topico della vita contadina: la mietitura e la pesatura del grano. L’idea è nata dalla volontà di tramandare, i saperi millenari delle tecniche di raccolta e lavorazione del grano prima che questi vadano persi per sempre.

Difatti, pur annoverando tanti giovani agricoltori turesi, la colonna portante del sodalizio presieduto da Vito Palmisano sono gli anziani, uomini che fin da bambini, con il loro mestiere di agricoltore, massaro e trainiere, ne custodiscono ogni segreto».

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Quali associazioni hanno contribuito?

«Oltre all’associazione “Mule del Carro di Sant’Oronzo”, promotrice dell’evento, che ringrazio per l’impegno e per aver sostenuto con proprie risorse tutti i costi per realizzare questa rievocazione, ringrazio la preziosa collaborazione degli amici dei “Discjadisce”, guidati da Pasquale Del Re. Le donne dell’associazione, in abiti tipici della tradizione contadina, hanno partecipato alla fase della legatura, pesatura e successiva ventilatura del grano. Inoltre, l’intera compagnia teatrale, sull’aia, ha animato il lavoro dei contadini con allegri intermezzi musicali, intonando pizziche, polke e tarantelle, accompagnati con canti in rima al suono dell’organetto diatonico, tamburello, trick ballack e dal caratteristico putipù, suonato da Franco Cistulli. Il contributo dei “Discjadisce” ha permesso di rivivere quell’aria di festa che si respirava sull’aia. La pesatura del grano era infatti un vero e proprio rito, con un preciso galateo di gesti propiziatori, dove la fatica si mescolava alla gioia per la possibilità di raccogliere i frutti di un anno di duro lavoro e le tante incertezze.

Per cristallizzare tutti gli eventi, è in preparazione un cortometraggio, a cura dell’amico Piero Caforio, direttore della fotografia in diversi documentari trasmessi sui canali Rai».

All’indomani di questi eventi, ci sono prospettive per realizzare l’atteso museo di arte contadina?

«Per quanto riguarda la realizzazione di un museo etnografico, non sono a conoscenza di alcun progetto futuro; senza dubbio, per un paese a vocazione agricola come Turi, sarebbe auspicabile muoversi in questa direzione, a patto che vengano individuati ambienti adeguati e si organizzi uno spazio museale con tutti i criteri. Non mancano esempi di paesi limitrofi che da decenni hanno istituito musei della civiltà contadina di tutto rispetto. Basti pensare alla vicina Sammichele che, da oltre cinquanta anni, grazie all’encomiabile impegno del compianto Prof. Dino Bianco, ha un proprio museo dedicato alla civiltà contadina, diventato un punto di riferimento nell’hinterland barese».

MIETITURA E LEGATURA DEI FASCI DI GRANO

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Durante il primo evento rievocativo, il campo di grano di Musacco è stato prima mietuto con una antica falciatrice trainata da due mule, poi si proceduto con una falciatrice-legatrice trainata da un trio di mule. In ultimo la falciatura si è conclusa con la medesima falciatrice trainata da un trattore Landini a testa calda, esemplare costruito nel 1938, di proprietà del farmacista Franco D’Aprile, grande cultore della civiltà contadina turese.

A seguire, il grano falciato, manualmente, è stato prima legato e successivamente con i fasci di grano raccolti, sono stati creati piccoli covoni, realizzati con una antica tecnica agricola che vede le spighe rivolte verso l’interno e, alla loro sommità, un tetto spiovente fatto sempre di fasci, per evitare che, in caso di pioggia, l’acqua bagni il grano.

Da notare che, con l’avvento della mietitrice-legatrice meccanica, scomparve la figura dell’operaio addetto alla legatura manuale dei fasci di grano.

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CARRATURA

Alle prime ore dell’alba del 12 agosto, una decina di contadini, tre trainieri con traini e rispettive mule, hanno dato vita ad una pittoresca sfilata di carri, inscenando nel campo di grano la seconda tappa di questo viaggio nella storia: la carratura sull’aia dei fasci di grano.

I fasci di grano sono stati prima caricati sui traini e poi trasportati sull’aia della Masseria di Musacco; qui, in attesa della pesatura, sono stati sistemati ad arte in un grande covone sulla cui sommità è stata apposta una croce, fatta di spighe di grano, come simbolo di buon auspicio per un buon raccolto e di richiesta della protezione divina.

Una curiosità è che sull’aia si potevano creare più covoni di diverse dimensioni: la stessa aia, infatti, veniva utilizzata da più proprietari terrieri, soprattutto dai piccoli e medi agricoltori che non disponevano di una propria aia dove pesare. Inoltre, era ancora in auge il contratto agrario della mezzadria e, dunque, al termine della pesatura occorreva dividere il grano in modo da facilitare la ripartizione tra la quota spettante al mezzadro e quella del proprietario.

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Morella di Vincenzo Carenza

PESATURA

Mula Peppinella di Vito Palmisano

Si arriva così alla terza fase lavorativa, quella della pesatura, che serve a separare i chicchi di grano dalla paglia. I fasci sono stati prima slegati e poi sparsi sull’aia, creando un tappeto circolare su cui le mule, sempre guidate dai trainieri, hanno scorrazzato in modo che con gli zoccoli calpestassero l’insieme di spighe e paglia, favorendo la sgranatura delle spighe stesse.

Dopo diversi giri sull’aia, ad una mula, è stata messa al tiro una “pesara”, una pietra triangolare di carparo, con un foro nella parte alta utile per agganciare la catena o la fune. La funzione della “pesara” era quella di sgranare pian piano tutte le spighe.

Va ricordato che nel passato questa operazione era una vera e propria festa per tutti i bambini presenti sull’aia, i quali giocando salivano sulla “pesara” e, aggrappati alla fune, in perfetto equilibrio, scorrazzavano per l’intera aia.

Grande covone sull'aia
Vincenzo Carenza durante la pesatura con Morella e Ursula
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Famiglia Colucci (2)

VENTILATURA DEL GRANO

Sgranate tutte le spighe, due operai ed una operaia, armati di forche in legno a tre-quattro denti (rebbi), hanno rievocato la fase della ventilatura del grano. Questa procedura, svolta grazie all’ausilio del vento, prevede di sollevare in aria la paglia con le spighe frantumate cosicché, grazie all’ausilio dei forconi di legno e al vento favorevole, la loppa (paglia e residui vari) viene spinta lontano, separandosi dai chicchi di grano.

L’operazione è stata ripetuta più volte, anche con l’uso di apposite pale in legno, e con l’utilizzo del vaglio.

Al termine del duro lavoro, il grano prodotto è stato messo nei sacchi di canapa ed è stato pesato con la stadèra (bilancia), affinché ogni agricoltore portasse a casa il quantitativo spettante.

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Famiglia Colucci (1)
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Peppino Susca con la bisaccia

LA TREBBIATURA MODERNA

Trattore Landini

La pesatura è una tecnica millenaria in uso in campo agricolo sino alla fine dell’800. Con l’invenzione della macchina a vapore, venne introdotta la trebbia; un mezzo meccanico innovativo, che in una sola fase lavorativa riusciva a sgranellare le spighe e a separare i chicchi di grano dalla paglia.

Le prime trebbie erano azionate dalle locomobili, macchine a vapore che trasmettevano la forza motrice alla trebbia mediante una lunga e grande cinghia. All’inizio del ‘900, il locomobile viene soppiantato dal trattore a testa calda, sempre con la funzione di trasmissione della forza motrice.

Negli anni ’30 la trebbia viene migliorata a livello tecnico e venne aggiunto un nastro trasportatore che dall’aia portava i fasci di grano direttamente all’interno della trebbia. Infine, a metà del ‘900, la trebbia fissa cedette il passo alla moderna mietitrebbia, capace di operare direttamente sul campo.

FD

Foto Stefano de Carolis

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